Crescere insieme

Arriva il secondo...

Come vive il bambino il sentimento della gelosia?

Quali sono le difese che il bambino mette in atto alla manifestazione della gelosia all'interno della sfera familiare?In quali situazioni fa la sua comparsa?Come intervenire per non influire nella sua naturale risoluzione?

I fratelli si appoggiano, si aiutano, si imitano, imparano a competere, a negoziare e cooperare, a creare un legame affettivo, ma tutto questo ovviamente si struttura nel tempo. Ciò che invece può apparire  evidente sin da subito è l’esplosione di gelosia del  primo figlio verso l’intruso, che lo ha detronizzato

 nel regno dell’amore assoluto dei suoi genitori.

Si è portati a pensare che essere nati dagli stessi genitori ci faccia divenire fratelli, dimenticando che tale condizione non presuppone il solo aspetto genetico. Il rapporto fraterno ha, infatti, bisogno di essere costruito, educato e curato giorno per giorno e, come ogni altro rapporto,non può essere dato per scontato.

La straordinaria unicità di questo legame fraterno può combinare al suo interno caratteristiche diametralmente opposte: di rivalità e complicità, di odio e amore profondi (Cigoli, Scabini, 1997).

Il passaggio dalla triade mamma-papà-figlio a una dinamica affettiva più ricca e complessa costituita dalle molteplici interazioni con uno o anche più fratelli, cambia gli equilibri esistenti all’interno del quadro familiare. Tale legame ha la peculiarità, oltre a non essere volontario, di essere, tra i legami familiari, quello che va incontro ai molteplici cambiamenti del ciclo vitale individuale e familiare, dal momento che accompagna per più tempo in tutto l’arco di vita.

Rivalità, conflitto e gelosia

La rivalità è scatenata nella maggior parte dei casi dal voler occupare un ruolo all’interno della famiglia,dalla richiesta di attenzioni da parte dei genitori o per il possesso di un giocattolo. Connessa alla rivalità vi è la conflittualità, la quale, in dosi moderate, viene ritenuta indispensabile al fine di sviluppare capacità di risoluzione dei conflitti ampliabili ad altri contesti.

La gelosia e talvolta l’invidia che i fratelli provano

l’un l’altro sono sentimenti che, anche se dolorosi,rappresentano una prova importante per la crescita del bambino e testimoniano la sua capacità di amare.

La gelosia è un sentimento “naturale”, un’emozione comune a tutto il genere umano. Mentre alla base dell’invidia vi è il desiderio di ottenere qualcosa di cui un altro soggetto è possessore, nel caso della gelosia si percepisce una minaccia all’integrità della relazione diadica esclusiva, che sia questa di natura amorosa, fraterna o di altro tipo.

Tale sentimento può essere sintetizzato come la richiesta di un soggetto di “amore esclusivo” e il timore di perdere questo amore a causa di un altro,ritenuto migliore.

Generalmente si pensa a essa come problema, un sentimento da prevenire e contrastare, ma Winnicott (1993) fu il primo a parlare della gelosia in senso positivo: “La gelosia normale è salutare.

La gelosia nasce dal fatto che i bambini amano.

Se non sono capaci di amore, non dimostrano

nemmeno gelosia”.

I figli unici non sono esenti dalla gelosia, hanno

solamente meno occasioni quotidiane per farla

emergere. Molte possono essere le manifestazioni della gelosia in seguito alla nascita di un fratello e ciascuno ha il suo modo di esprimerla. Alcune manifestazioni sono più eclatanti, vistose, chiare e riconoscibili; altre, più nascoste e subdole, si manifestano in modo indiretto, attraverso forme più complesse.

Aggressività verbale o fisica

La manifestazione più esplicita della gelosia è

l’aggressività, verbale o fisica. Solitamente si tratta di aggressioni “mascherate”, nelle quali il bambino improvvisamente trasforma un’azione tenera o affettuosa verso il fratello in un’azione violenta:un bacio diviene un morso, una carezza uno schiaffo, un tenero imboccarlo un tentativo di soffocarlo. Sono cambiamenti così fulminei da far dubitare il genitore della buona fede del figlio e che esprimono l’ambiguità dei sentimenti che il

bambino prova nei confronti del nuovo arrivato.

Atteggiamenti del medesimo tipo si possono manifestare anche nei confronti di perfetti estranei o di figure vicine al bambino (ad esempio, al nido) ma che non siano i genitori: è un modo più semplice   di manifestare le possibili emozioni di rabbia e delusione per quello che egli vive come un tradimento da parte della figura genitoriale.

Richiesta di contatto, regressione, esibizionismo

Se il bambino crede di aver perduto l’amore della

mamma, può manifestare comportamenti molto

affettuosi nei suoi confronti, quasi morbosi: non

la lascia mai e si sottomette a lei nel tentativo di

“riconquistarla”. La sua richiesta di contatto fisico

rivela il continuo bisogno di rassicurazione di non

aver perso il legame materno a causa del nuovo

arrivo in famiglia. Si osservano dunque comportamenti di tipo regressivo o anche esibizionista, per attirare l’attenzione e accertarsi della presenza degli occhi del genitore su di sé.

Eccessive premure e diniego

Anche nel caso in cui il bambino si comporti in

maniera troppo obbediente e troppo premurosa

nei confronti dei genitori, e in particolar modo del

fratello, può costituire una manifestazione del

sentimento di gelosia. L’ansia manifestata per la

salvaguardia del piccolo potrebbe avere alla base la paura di esprimere aggressività verso di lui; infatti,se questa viene vissuta in maniera molto intensa,può far sentire il bambino sopraffatto dalla propria distruttività e può far temere che abbia conseguenze realmente disastrose per il piccolo.

Solidarietà, rispecchiamento e affetto

Al di là dei conflitti e delle gelosie, i fratelli (così

come i compagni di giochi al nido o i cuginetti

per i figli unici) sono importanti oggetti d’amore

in cui ci si identifica e con i quali emergono caratteristiche di sostegno vicendevole. La solidarietà fraterna viene ulteriormente rafforzata

nell’ambito del gioco.

In alcuni casi è possibile notare, sin da quando i

bimbi sono piccoli, l’interesse reciproco: entrambi

sentono la mancanza in momenti di assenza

di uno dei due e l’uno manifesta la propria felicità nel veder riapparire l’altro. Si instaura dunque

un’autentica attenzione all’altro, che in particolar

modo induce il fratello più piccolo a veri e propri atti di emulazione nei confronti del maggiore.

Egli rappresenta, nei momenti di vicinanza

col fratellino, “una base e una guida sicura” su

cui fare affidamento e appoggiarsi nei momenti di insicurezza e di esplorazione del mondo.

Ciò che determina in modo fondamentale la possibilità di riconoscersi come fratello o sorella è il fenomeno  del rispecchiamento attraverso il quale il soggetto sviluppa la capacità di identificarsi come membro di un insieme. Tale processo risulta fondamentale nella relazione fraterna poiché offre l’opportunità, all’interno di una relazione di tipo paritetico, di riconoscersi e di contribuire alla formazione di se stesso  

 

( Brunori, De Nunzio,1999).

 

 

Qualche consiglio per sostenere i genitori nell’affrontare serenamente con il bambino la nascita del fratellino/sorellina

 

Innanzitutto è utile per il bambino venire a conoscenza quanto prima di che cosa sta

accadendo dentro la mamma e che cosa cambierà a distanza di mesi, senza però enfatizzare eccessivamente l’evento. Se il bambino manifesta sentimenti negativi nei confronti del nascituro,

i genitori potrebbero fargli notare che si tratta di un evento normale avere dei fratelli. Un modo concreto potrebbe essere quello di fargli passare un po’

di tempo a stretto contatto con una famiglia dove sono presenti più figli, per rendergli evidente

che la presenza del più piccolo non impedisce al più grande di essere amato dai genitori. I genitori

poi potranno anche rasserenare il figlio sul fatto che non deve voler bene per forza al bambino che arriverà, alleggerendo così il suo senso di

colpa per la sua gelosia.

Al fine di una maggior comprensione da parte del bambino sul che cosa sta succedendo e che cosa sta cambiando, si può mostrargli un album di quando la mamma era in sua attesa. Le fotografie, supportate dalla semplice spiegazione di come

è cresciuto all’interno del grembo materno e del bisogno di cure che da neonato ha a suo tempo ricevuto, può servire per meglio tollerare le cure che poi saranno riservate al più piccolo al momento

della nascita.

Un approccio graduale con il fratello appena arrivato è sempre preferibile, senza forzature(non è detto che il bambino debba andare a trovare in ospedale la mamma quando ha partorito, se questo passo risulta per lui una forzatura). Il loro rapporto verrà al principio mediato inevitabilmente dai genitori.

Judy Dunn, durante i suoi studi, ha notato l’essenzialità della preparazione di “umanizzazione” del neonato.

Se la mamma, infatti,rivolgendosi al primogenito,

parla del neonato in modo da personalizzarlo precocemente, aiuterà il bambino a capire che il neonato non è una “cosa”, ma una piccola

persona, con i suoi sentimenti e le sue caratteristiche: questo sarà molto utile per avvicinarsi al piccolo e iniziare a instaurare con lui

una relazione più affettuosa ed empatica.

I genitori devono aiutare il figlio maggiore a trovare il

ruolo adatto nel rapporto con il nuovo arrivato; ad

esempio il grande può fare da “assistente” nel portare i pannolini mentre la mamma sta

cambiando il piccolo o da “aiutante”

intrattenendo durante la pappa o il bagnetto, da “maestro” nelle occasioni in cui cerca

di intuire le sue esigenze o di interpretare

cosa sta esprimendo e, infine, da “compagno di giochi”.

Non sempre questi ruoli sono attuabili da subito: se il bambino rifiuta tali compiti di accudimento, insistendo si corre il rischio che egli arrivi a vedere

la condizione di fratello come una fatica.

Un buon comportamento potrebbe essere quello di organizzare la stanza per il figlio più grande, già prima del parto, in modo che il bambino possa

consolidare l’idea di avere una stanza o uno spazio proprio, arredato come vuole lui, in cui può sistemare le sue cose. Si possono attaccare i suoi disegni, le sue foto, mettere una sua mensola o un armadio per mettere i suoi giochi e “proteggerli”

quando il fratello sarà in grado di prenderli. La definizione di uno spazio personale è importante perché lo aiuta a conquistare la propria dignità e

lo porta al rispetto degli spazi altrui e delle regole sociali.

L’importante è non cadere in quelli che Zazzo (1978) definisce “errori educativi”. Il primo errore sarebbe, con l’arrivo del fratellino, di affidare al primogenito responsabilità e incarichi prematuri perché ritenuto “grande”. Sottolineare il fatto

che è grande specialmente quando gli si richiedono rinunce o atteggiamenti pazienti verso il piccolo, rischia infatti per il bambino di rappresentare uno svantaggio,quando in realtà dovrebbe essere una condizione che comporti anche privilegi derivati

dall’essere “il più grande”,come andare a letto un po’ più tardi, interagire con mamma e papà in maniera differente, possedere una cameretta propria,andare al nido a giocare e a casa di amichetti e così via.

Altro errore comune è dire che si amano entrambi i figli allo stesso modo. Tale dichiarazione non può essere veritiera, non perché uno dei due fratelli viene amato meno dell’altro, ma perché essendo due individui con personalità, interessi e caratteri

diversi, si amano ciascuno per le proprie caratteristiche individuali.

Si deve prendere atto delle loro differenze, aiutandoli a sentirsi amati per quello che

realmente sono e per le loro peculiarità.

I genitori devono essere percepiti disponibili a dividere il loro affetto e le loro preoccupazioni con i loro figli presi singolarmente e che non allevano e non amano la prole in maniera collettiva.